Hanno scritto di Stefano Solimani:
Vittorio Sgarbi, Paolo Levi, Achille Bonito Oliva, Giammarco Puntelli, Gastone Ranieri Indoni, Catia Monacelli, Luciano Carini, Paolo Zauli, Francesca Mariotti, Walter Scotucci, Ireneo Lorenzoni, Alberto D’Atanasio, Stefano Papetti, Giulia Sillato, Mina Gregori, Francesco Chimienti, Alfonso Maria Capriolo, Donato Mori, Francesca Maria Ferraris, Anna Iozzino.
Vittorio Sgarbi “I giudizi di Sgarbi” Mondadori Editore 2005
Luciano Carini “Artisti in cronaca” La Cronaca Editore 2007
Vittorio Sgarbi “L’Arciere” Ghiani Editore 2010
Vittorio Sgarbi “L’ombra del Divino nell’Arte contemporanea” Cantagalli Editore 2011
Vittorio Sgarbi “Lo stato dell’Arte” Skira Editore 2011
Alberto D’Atanasio “Quando l’eroe è donna” Bevagna Editore 2011
Walter Scotucci “Eretico & Ieratico” Artelito Camerino Editore 2012
Alberto D’Atanasio “La fine del mondo tra apocalisse e apocatastasi. Gli Artisti? I nuovi profeti” Pegasusarte Editore 2012
Vittorio Sgarbi “Oltre il corpo,l’anima” Lizerarte Editore 2013
Giammarco Puntelli “Spiritualità oggi lungo le vie Francescane” La Torre Editore 2015
Giammarco Puntelli e Giulia Sillato “L’Arte e il Tempo” Mondadori Editore 2015
Giammarco Puntelli “Il labirinto dell’ipnotista” Mondadori Editore 2016
Giammarco Puntelli “L’Eternità nell’Arte” Mondadori Editore 2016
Catia Monacelli e Francesca Sacchi Tommasi “Dalla terra al Cielo” Polo Museale di Gualdo Tadino Editore 2016
Giammarco Puntelli “Profili d’Artista” Mondadori Editore 2018
Giammarco Puntelli “Genius” Mondadori Editore 2018
Giammarco Puntelli “Le scelte di Puntelli” Mondadori Editore edizioni 2015 2016 2017 2018 2019
Catalogo dell’Arte Moderna Mondadori Editore annuale
Annuario COMED Comed Editore annuale
ARTE Mondadori
ARTE-IN
FONDAZIONE SOLONIA MAGAZINE
JULIET MAGAZINE
ARTE&ARTE
EFFETTO ARTE
Stefano Solimani è pittore dallo spirito antico, e non tanto per il fatto di procedere tecnicamente secondo la lezione pittorica di tradizione, quanto per il gusto, che in alcuni casi si fa esplicitamente citazionista, per l’iconografia del nostro Seicento. Questo tuttavia non basta a definirlo, in quanto nei suoi dipinti dell’ultimo decennio coabitano paesaggi onirici che alludono al linguaggio simbolico del preconscio e raffigurazioni del corpo umano – soprattutto femminile – il cui iperrealismo sfiora la crudezza. Quando parlo di iperrealismo non intendo confondere il messaggio di Solimani con quello dei pittori americani degli anni Ottanta, che percepivano e ritrasmettevano il quotidiano in una cifra stilistica di totalizzante oggettività. Questo artista, al contrario, si concentra sulla realtà del particolare in chiave tutt’altro che decifrabile, a meno di non tentarne una decodifica attraverso quei tasselli di paesaggio, apparentemente dissonanti, in alcuni casi persino informali e puramente cromatici, che agiscono da ordito alla narrazione. Non conosco le opere precedenti di Solimani, ma questi suoi lavori mostrano una notevole maturità segnica e cromatica, che si accompagna al gusto scenografico, al senso formale dell’armonia e a una forte capacità espressiva. I temi trattati sono il frutto di una elaborazione teorica che si fonda su una sperimentata conoscenza delle potenzialità luminose sia dell’olio che dell’acrilico. Significativa ed emblematica è l’opera Oltre il Confine, del 2000, o dello stesso anno, la Donna dal cappello nero; per non dimenticare abbandono, piccolo dipinto eseguito nel 2003, dove una giovane donna colta in tutta la sua sensuale nudità esprime nello sguardo uno stupore doloroso. Queste figure non hanno un vero e proprio carattere di ritrattistica, semmai sono costruzioni volumetriche dense di emblematicità e di domande sulla nostra vita interiore. Pittore del significante, Solimani gioca su messaggi diversi usando il simbolismo iconico come elemento di rarefazione dell’immagine e di riequilibrio contenutistico del costrutto. Quando il messaggio di un artista è pregnante sono possibili molteplici chiavi di interpretazione, sceglierne una comunque appartiene strettamente alla sfera soggettiva ed alla sensibilità dell’osservatore. Personalmente vedo in Solimani un narratore di sogni, un evocatore di eventi oscuri, di un non detto che attiene presumibilmente alla sua sfera privata. Ogni sua immagine pittorica porta infatti in luce una sorta di aura tesa, ogni suo dipinto prefigura una narrazione conclusa che si espande con l’eloquenza di una missiva rivolta a un destinatario privilegiato. Solimani è un artista che ha scelto di muoversi dentro la tradizione, ha tratto evidentemente dalla lezione luminosa della scuola manieristica e barocca, ma del tutto contemporaneo nel piglio veloce e nelle scenografie geometricamente allusive. Pur distinguendosi per le invenzioni tecniche e la forte percezione della corporeità, la padronanza della materia pittorica non è l’unica misura della sua autenticità, perchè è l’afflato poetico a trattenergli la mano, prima che sconfini sul terreno periglioso del virtuosismo e a conferire soennità iconica alla sua immaginazione fervidamente sensuale.
Vittorio Sgarbi – da “I Giudizi di Sgarbi”, Mondadori Editore, 2005
Stefano Solimani ha l’anima antica di un maestro del Rinascimento con il gusto innato della Bellezza, sinonimo di perfezione estetica ed etica. Tenendosi fuori dal tempo e dalla storia contemporanea, egli si muove nell’infinitezza dello spazio creativo con una severa e controllata disciplina esecutiva, che gli appartiene sin dagli anni giovanili di apprendistato. Le sue opere sono meticolosamente meditate e quindi strutturate secondo il canone assoluto della verosimiglianza. In questo contesto, gli studi preparatori a pastello su carta testimoniano la preziosa tessitura segnica dalla quale nascono e si evolvono le sue raffigurazioni a olio, presentandosi all’osservatore come lavori chiusi e conclusi.
Paolo Levi
…Solimani ha una tecnica minuziosa e sapiente e costruisce le sue opere studiando la disposizione delle masse in relazione alle cromie e alla luce. Nulla è lasciato al caso. La sua luce che rivela le figure non è caravaggesca anche se la ricorda, la luce che Solimani dipinge è una luce filtrata dalla sua coscienza dosata in modo che si risaltino i colori in relazione alle figure che rimangono statiche nell’incanto della rivelazione. In Solimani è l’opera nella sua costruzione che genera la contemplazione dell’evento descritto per cui la luce non incide, non diviene atmosfera misteriosa né alveo dove la santità si rivela. Più semplicemente direi che il soggetto s’illumina perché è vero, reale la luce è riflessa dai colori e il mistero si rivela. E’ il soggetto illuminato che permette alla luce di Dio di manifestarsi, non serve altro. Gli sguardi delle sue figure non possono dunque avere connotazioni particolari, né concitazioni che possono evocare particolari moti dell’animo. Le figure che questo grande artista crea hanno semplicemente la fissità di chi si trova in un piano diverso da chi osserva. L’artista in questo caso pone la figura umana come “epifania”di una verità percepita ed elaborata dalla cognizione umana. L’immagine e i simboli si compongono nel quadro perché l’osservatore possa percepire il concetto personale dell’artista più che un messaggio ieratico universale e religioso. Non c’è catechesi, né azione catartica, ciò che Solimani cerca è lo stupore antico che si genera nell’esercizio della “mimesis”: la materia, la natura sono soggette al tempo che passa ed è l’artista che con il suo fare le rende perpetue,immortali. L’artista ha compiuto il prodigio della creazione in quanto in possesso del dono della creatività e quindi ha la consapevolezza più d’ogni altro uomo di essere molto vicino all’immagine del Dio Creatore.
Alberto D’Atanasio – dal catalogo della mostra “A Sua Immagine” in occasione del 54° Festival dei Due Mondi di Spoleto, 2011
L’eccellenza dell’arte e della pittura bussa all’eternità di un tempo convenzionale. Ecco che una giovane donna si prende, in un semiserio atteggiamento, gioco dell’uomo che osserva e delle sue incertezza, delle sue regole. Stefano Solimani è artista contemporaneo di grande capacità tecnica, uno dei migliori figurativi dei nostri tempi, intelligente nell’immergere le proprie rappresentazioni in un sapere filosofico e narrativo a volte enigmatico, ed è deliziosamente astuto nel porre quegli interrogativi che scuotono coscienze e pensieri per arrivare a soluzioni pittoriche convincenti ed esaustive. Sono noti i suoi temi, sia quelli di carattere religioso, vissuti con laica rappresentazione, sia quelli che riguardano la storia e la figura femminile. Uomo colto e attento a seminare indizi e simboli, è dotato di doni e discipline che gli consentono di elaborare, nello spazio artistico, una paziente ed eccellente pittura al servizio di un racconto che spesso trasforma da filosofico a narrativo, e viceversa. Coglie, con una sintassi attenta ad ogni particolare, il momento storico, rendendolo, con un processo pittorico e artistico fuori dalla norma, contemporaneo e vibrante, concettuale e tecnicamente sorprendente. In lui non troviamo ombre e retorica di citazione o di decorazione, ma l’essenziale sviluppo di un pensiero che incontra l’interlocutore nel dialogo e nella meditazione.
Giammarco Puntelli – da “Le scelte di Puntelli”, Mondadori Editore, 2015
“Sento che il tempo cade e fa rumore nell’anima mia…” scrive Cardarelli in una sua poesia e Solimani su una linea di naturale continuità sembra aggiungere “lasciando impronte d’amore e di dolore…”. Attraverso venti opere quest’artista dimostra come la figura femminile nella sua piena maturità e bellezza sia la protagonista del suo mondo creativo con tutta la sua carica di eros, inteso come istinto originario della vita e dell’amore. Anche se le figure sono rese attraverso un iperrealismo basato su un’ottima abilità esecutiva nella raffigurazione di ogni particolare dei corpi, ci sanno introdurre in quell’ambito misterioso delle forme primarie, degli archetipi legati alle origini della vita. Ogni quadro appare come una pagina incompleta di un codice antico, o tessera di un puzzle scomposto dove i vari piani del racconto si sviluppano attraverso colori notturni il significato più recondito delle opere lasciando intravedere varie possibili interpretazioni. Ogni figura di donna assume una valenza primordiale di accoglienza e fertilità ma non risulta mai slegata dalla ricerca estetica delle “divine proporzioni” in una cura del linguaggio figurativo e di uno stile che non si basa solamente su caratteri esteriori e formali, ma su un’idea centrale che li vivifica tutti: la vita intesa come medium irrinunciabile di amore e di dolore.
Anna Iozzino
Ormai, come dicevo, la figura domina incontrastata ogni suo dipinto ed è una rappresentazione di straordinario realismo, dove l’abilità si unisce all’interpretazione, dove il particolare diventa simbolo e metafora, dove l’insieme costituisce motivo di riflessione e di sbigottito stranimento. Verità più vera del vero e non solo perché costruita con grande rigore e conoscenza, ma perché filtrata dalle emozioni, proiettata oltre la fisicità dei corpi e delle situazioni. Un iperrealismo, quello di Solimani, capace di catturare l’osservatore e di stupirlo per la perfezione dell’esecuzione, per la sensualità delle rappresentazioni e la bellezza degli incarnati, ma in grado altresì di smuovere il cuore e la mente, di interrogare lo spirito e di essere, quindi, attualissimo e contemporaneo. Ma attuale e contemporaneo Stefano Solimani lo era anche qualche tempo addietro quando la sua espressione tutta concentrata nella descrizione di desolate e squallide periferie metropolitane colte nei profondi e angoscianti silenzi notturni, quando, con lucidità e realismo, mostrava le grandi solitudini dei nostri giorni attraverso pallide e sfuocate luci che rischiaravano opulente e formose passeggiatrici. E anche oggi, a distanza di anni, la sua voglia di indagare e scrutare nei fenomeni della realtà quotidiana non si è affatto esaurita, anzi, è diventata più forte e coinvolgente, più raffinata e sottile e il suo pennello funziona come il grandangolo di un bravo fotografo che riprende da vicino, con primi piani mozzafiato, corpi di donne bellissime, nudi sensuali e attraenti, garbato erotismo mimetizzato e nascosto, che accende desideri e passioni. Il nudo ora gli serve come specchio per attirare sguardi e attenzioni, ma anche e sopratutto per denunciare le condizioni e situazioni: il vojerismo diffuso, l’uso superficiale e leggero della bellezza, i compromessi facili e la voglia di trasgredire oggi così di moda e diffusa. Straordinario e forse unico tra tanti che si possono osservare, il suo Iperrealismo, che riesce a cogliere le ombre e sfumature, luci e vibrazioni, lontananze e volumi creando magistralmente l’inganno fotografico, il bisogno fisico di toccare l’opera per scoprirne trucco, lo stupore attonito di fronte a tale perfezione. Una perfezione che avvolge ogni minimo particolare anatomico, ogni indumento e che poi si placa nello sguardo dove gli occhi portano dentro scintille di vita, comunicano emozioni e stati d’animo. Occhi grandi, occhi espressivi per raccontare ansie e solitudini, vittorie e sconfitte, gioie e delusioni. Espressione intensa, questa di Solimani, perché rivolta alle grandi problematiche umane, perché supera i confini della bellezza e della perfezione estetica e diventa voce dell’intimità segreta, riflesso obbiettivo dei nostri tormentati giorni.
Luciano Carini da “Artisti in Cronaca” – La Cronaca Editore 2007
Guardando la pittura del Maestro Stefano Solimani, mi viene in mente la frase che Stefano Zecchi, il famoso storico dell’arte, ha scritto in uno dei suoi libri, dal titolo “Capire l’Arte”, cioè, testualmente: “La parola più importante nel mondo dell’arte è bellezza”. Poi, naturalmente Zecchi da varie interpretazioni della bellezza, ma questo é un altro discorso. Ciò che voglio esprimere, invece, è quanto I’arte di Stefano Solimani aderisca perfettamente alla frase di Zecchi, poiché nelle immagini che Solimani rappresenta, ovvero nei corpi perfetti, negli sguardi espressivi, nelle membra armoniose, c’è la riscoperta di una bellezza che si richiama ai modelli dei pittori secenteschi, in una parola, alla bellezza assoluta. Non per nulla, infatti, il Maestro fonda nel 2007, un movimento artistico a cui dà nome “Iperestetismo”, proclamandosi quindi padre di un modo di fare arte tutto teso a impossessarsi dell’armonia estetica e della bellezza, come uno del mezzi più importanti per salvare il mondo dall’orrore verso il quale, per molti versi, sembra si stia dirigendo. Egli viene così a ribadire la priorità dell’estetica in arte, attuandola con la rappresentazione della corporeità di figure umane, in prevalenza donne, da sempre depositarie per eccellenza del concetto di bellezza. Sono donne delle quali il Pittore mette al centro la femminilità attraverso l’intensità figurale della perfezione anatomica, rappresentandole nei quadri in svariate forme di bellezza, sempre classicheggiante. Forme di bellezza che Solimani carica di un grande fascino fatto sì di sensualità, ma anche, e per molta parte, di una suggestiva luce interiore che le illumina e le trasfigura. Così trasfigurate, esse appaiono immerse in una dimensione surreale dove acquistano un ulteriore fascino che le fa assurgere ad autentici quanto insoliti simboli di esuberante carnalità e insieme di mistica spiritualità. È in questa dimensione che definirei di “surrealismo simbolico”, che l’immagine oltre a svelare un’intensa armonia estetica, mette in luce qualcosa di più profondo, di più alto, di più misterioso. Raffigurate in espressioni e in atteggiamenti estati, queste creature fortemente sensuali, ma come rapite da un’estasi mistica, siprotendono verso una ieratica spiritualità contemplativa, oserei definire sacra. E forse non é del tutto errata tale definizione, poiché in questo vibrante, percettibile segno di sacralità, è già contenuto l’embrione pronto a germogliare nelle opere che il Maestro presenterà in una sua prossima mostra espositiva, riguardante appunto il sacro, a Venezia. Ma, tornando alla nostra Mostra, queste figure di donne, affermano la loro presenza con distacco, e al contempo, non chiedono altro che di essere osservate, perché ciò che è bello dà gioia e, consapevoli di suscitare gioia in chi le guarda, esse sembrano volerla offrire come un tributo in onore alla bellezza stessa. Per quanto ho appena detto, le immagini che Solimani crea, pur essendo realistiche al massimo grado, tanto da essere definite iperrealistiche, appartengono anche ad una realtà onirica, in quanto si esprimono in una dimensione sognante, sospesa, inesplicabile, astratta, cosi che ognuna di queste opere, sebbene figurativa, può essere considerata altresì “un classico quadro astratto”. Poiché astrazione non è solo quella fatta di linee verticali, orizzontali, curve, o comunque un disegno non riconoscibile: astrattismo è anche ciò che partendo dal fisico, ad un certo punto, dal fisico si slega, creando una nuova realtà che con il fisico non ha alcuna attinenza. Solimani si concentra quindi su un pensiero concettuale di questa realtà astratta e perciò indecifrabile, e giunge a una sorta di scomposizione dello spazio e quindi del pensiero che lo anima, attraverso la levigata perfezione del colore, l’impatto delle forme volumetriche, la percezione di un’armonia assoluta, che per questo diventa emblematica. Lascia quindi allo spettatore la ricomposizione di questo stesso spazio, poiché non intende certo offrire allo sguardo l’oggetto di una realtà prefigurata , ma consentire allo sguardo di prefigurarsi questa realtà, secondo i propri gusti, la propria capacità di percepire i personaggi, la propria sensibilità. Il Maestro si avvale dunque sia del simbolismo onirico sia dell’astrattismo per rendere l’immagine rarefatta ed enigmatica, allo scopo di dare ad essa molte chiavi interpretative, perché come ogni grande pittore, Stefano Solimani è anche un narratore di sogni e di eventi, ma nell’interpretazione di questi, occorre peraltro aver sempre presente che, nella sua pittura, ciò che più conta é il non detto, anzi il non visibile. Ovvero è quella sorta di apertura che egli mai tralascia nella sua narrazione, affinché lo spettatore possa entrarne a far parte, e quì espandere i limiti della propria visionarietà, fino ad un punto tale che l’opera d’arte osservata, possa diventare anche un po’ sua. Sebbene il gesto pittorico di Solimani si muova nella tradizione del Classicismo, attinga al Rinascimento, si avvalga del Surrealismo e del Simbolismo, il piglio e l’energia con cui egli opera sono attualissimi, calati nella realtà odierna e quindi veloci, allusivi ed ambigui, magicamente coinvolgenti ed estremamente accattivanti. Inoltre, e devo aggiungerlo perché ciò è nelle mie corde, il suo gesto pittorico è guidato da un profondo affiato poetico che si coglie con emozione e con gioia, ma non invischia troppo le immagini anzi, contribuisce a liberarle, aggiungendo a ciascuna, se possibile, un’ancora maggiore solennità di grazia, di armonia, in una parola, di bellezza. E qui mi riallaccio alla stessa frase dello storico dell’ arte Stefano Zecchi, frase già citata all’inizio del mio intervento e che mi piace ribadire, cioé che “la parola più importante nel mondo dell’arte è bellezza”. Perchè, come spero si sia potuto cogliere dalle mie parole e come molto meglio si può comprendere osservando le sue opere, l’arte del Maestro Solimani, é perfettamente inscritta e descritta in questa frase.
Francesca Maria Ferraris
La magistrale propensione pittorico-descrittiva del Maestro Stefano Solimani possiamo dichiararlo non ci sorprende più; semmai possiamo riconoscere che ci stupisce ogni volta che si propone con temi coinvolgenti come quello di “Paolina Venere imperiale” di oggi. L’assoluta proprietà di linguaggio con cui esplicita la sua arte ci parla di registri molto personali, motivi aneddotici o storici comunque e sempre compresi e intrisi di percettibili addendi umanitari che, per come raccontati, assurgono a delicati accenni di lirismo. Nel Maestro è insita ed evidente la capacità di conglobare rimandi plurimi dove si apprezzano il nitore tanto caro ad Hayez, lo spunto di bellezza ideale del Ciseri e nelle sue modelle sedute o distese, musiciste o dive tout court, sono molteplici le citazioni onorifiche rivolte a Tiziano, a Raffaello e a Canova.
Gastone Ranieri Indoni